Amidon: il mio Capitale umano dopo la Brianza arriva a Torino L’autore del romanzo portato sul grande schermo da Virzì prepara un serial per il teatro con lo Stabile e la Scuola Holden Stephen Amidon (qui nell’auditorium della Scuola Holden a Torino) è nato a Chicago 55 anni fa. Dal suo romanzo Il capitale umano , ambientato in Connecticut, il regista Paolo Virzì ha tratto quest’anno l’omonimo adattamento per il cinema, trasferendo la storia in Brianza MARIO BAUDINO TORINO Si sente un «social writer», erede di una tradizione americana che guarda a Sinclair Lewis e che forse non è così popolare all’estero. Ma il suo libro di una decina d’anni fa, Il capitale umano (Mondadori), ha avuto una sorte a questo riguardo piuttosto curiosa. È stato trapiantato dal Connecticut, dove si svolge la vicenda originaria, nel paesaggio della Brianza: lì è diventato il film di Paolo Virzì, premiatissimo quest’anno ai David di Donatello, non senza polemiche per via della descrizione piuttosto dura e spietata che offre del ricco distretto lombardo. Stephen Amidon lo ha amato moltissimo, e ora sta lavorando con il regista a un nuovo soggetto, ovviamente ancora segreto. È tornato a Torino - dove l’anno scorso era stato giurato al Film Festival - per un lavoro nuovo, e piuttosto ardito, con la scuola Holden e il Teatro Stabile: un testo in sei puntate, in altre parole una vera serie teatrale, da lui ideata e scritta collettivamente, con autori e sceneggiatori tra Stabile e Holden. Andrà in scena l’anno prossimo, per la regia di Serena Sinigaglia. Sarà composta di storie collegate, un vero serial tagliato con un occhio non televisivo ma ovviamente teatrale. «Un serial di qualità» dice Amidon, e naturalmente, aggiunge, «sociale». «Io penso - spiega - alla storia, diciamo a quella base, e delineo il primo episodio. Se è buona, può essere sviluppata». Come è accaduto al romanzo, traslocato da una cultura all’altra? «In quel caso c’erano dei nuclei che funzionano un po’ dappertutto. L’ho scritto pensando che fosse un romanzo sull’America, il denaro, l’avidità. Quando ho saputo che sarebbe diventato una storia italiana, mi sono molto incuriosito. Paolo Virzì mi aveva scritto, ci siamo parlati a lungo, siamo diventati amici. Io avevo molto apprezzatoCaterina va in città. Eravamo fatti per intenderci». Virzì all’inizio pensava di girare - e ambientare - il film in America, nel suo ambiente «naturale», ma l’impresa era troppo complicata. La Brianza non fu però una sorta di seconda scelta. «Serviva uno scarto, ed è stato lo scarto perfetto. Quel film è la mia vera storia italiana». Cambiano i personaggi, cambia lo sfondo, ma il motore degli avvenimenti rimane lo stesso, con l’incidente stradale in cui un ragazzo investe e uccide un ciclista, guidando l’auto di un compagno appartenente all’élite economica locale. E un «piccolo borghese» che fino a allora non era riuscito a combinare granché trova il modo di tirarne fuori, cinicamente, un bel po’ di soldi. I sentimenti, la dignità, gli ingenui idealismi arretrano di fronte al denaro. I «buoni» svaporano nel «greed» (che per Amidon è una parola chiave) ossia nell’avidità, tema centrale del libro. «All’inizio ero molto curioso, forse un po’ perplesso. Quando ho visto il film, mi ha colpito la somiglianza tra quella Brianza e il mio Connecticut». E anche tra due situazioni sociali. Il romanzo è stato scritto molto prima della grande crisi, ma sembra averne già il sentore. Il film parla di oggi. «Un sentimento diffuso di crisi imminente c’era già, negli Usa, a partire dal 2001. L’Italia, assieme alla zona dell’euro, sta attraversando situazioni simili alle nostre di quegli anni, e direi che le persone reagiscono allo stesso modo». Anche la serializzazione teatrale (titolo 6BIANCA) parlerà ora dei problemi della gente comune, sullo sfondo di Torino questa volta: legami famigliari, corruzione, compromessi per conquistare il successo, lotte per il potere. Stephen Amidon ha concluso la prima fase del lavoro, due settimane di «writers room» alla Holden, con cinque scrittori tra docenti della Holden, come Filippo Losito e Sara Benedetti, e allievi come Riccardo Angelini e Francesca Manfredi, più il regista e sceneggiatore Marco Ponti. Completerà il gruppo di lavoro, nei prossimi mesi, Leonardo Lidi, diplomato alla scuola per attori dello Stabile. Lo sforzo è notevole, la scommessa anche, benché esista qualche precedente. «Per ora parliamo e discutiamo molto tra di noi. Poi, quando tornerò dagli Stati Uniti, entreremo nel vivo, un episodio ciascuno». È un lavoro collettivo, proprio come avviene per le sceneggiature televisive. La differenza è tutta nella destinazione, nel palcoscenico teatrale che aspetta, ed è una differenza di punti di vista, di retorica e di asciuttezza. La sfida è una torsione del linguaggio, non la stessa che ha consentito al Capitale umano, così americano in apparenza (per certi aspetti potrebbe ricordare altre opere dedicate alla Grande Crisi del ’29, una su tutte Mildred Pierce di James Cain) di diventare una storia brianzola: ma un’altra metamorfosi, ancora tutta da inventare. 6Bianca is full steam ahead for its February 2015 premiere. Director, Serena Sinigalia had held auditions at Teatro Stabile Torino. And I am just back from two weeks intensive work with the writers. More soon...
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